Il mito di Decaulione e Pirra

 

 

L'età dell'oro.

Al tempo in cui Crono regnava, esisteva una razza umana assai più felice. Era l'umanità dell'età dell'oro, di quella beata epoca in cui il suolo produceva spontaneamente meravigliosi frutti e ricche messi, il cielo' era sempre sereno, sempre limpide e tranquille le acque, sempre verdeggiante la natura e in un continuo tripudio di primavera. Gli uomini vivevano lieti senza conoscere affanni, odii, contese e malattie.  Erano mortali, ma la morte li raggiungeva come un placido sonno, senza sofferenze nè paura, e, quando essi avevano lasciato il corpo, i loro spiriti si trasformavano in geni che aleggiavano benefici nell'aria e nella luce. Questa umanità non sembra che fosse la stessa creata da Promèteo, la quale apparve solo durante il regno di Zeus: il mito non dice con precisione quali fossero le sue origini. La razza felice, purtroppo, si spense, e ne sorse un'altra, detta dell'età dell'argento. Questi uomini avevano una lunga infanzia innocente ma, divenuti adulti, 

Zeus, disgustato dell'umanità, decise di distruggerla con un terribile diluvio.


non riuscivano sempre a vivere in buona armonia nè fra di loro ne con gli dèi; e finirono cosi col suscitare l'ira di Zeus che li sterminò tutti trasformandoli in geni sotterranei. Succedette la razza dell'età del bronzo, che durò poco perché quelle stirpi violente e guerriere, sempre in lotta fra loro, presto si estinsero. Dopo di esse, venne la razza dei semidei, guerrieri generosi e cavaliereschi che, dopo la morte, furono accolti nelle Isole dei Beati. E infine si ebbe l'umanità dell'età del ferro, disgraziata quanto empia, che, come se non le bastassero le miserie e le malattie da cui era afflitta, si rese ancor più infelice a forza di liti, d'inganni e d'ingiustizie. 

Il diluvio.

Zeus, disgustato del continuo decadere della creatura umana, decise di cancellarla dalla faccia della terra rovesciando su di essa un terribile diluvio che presto sommerse i campi, i colli, le stesse montagne, e tutti i loro abitatori. Vi era però fra gli uomini un figlio di Promèteo, Deucalione, il quale aveva sposato Pirra, figlia di Epimèteo e di Pàndora, e regnava adesso in una città della Tessaglia. Promèteo, conoscendo le intenzioni di Zeus, volle salvare il figlio e lo esortò a fabbricarsi una grande barca coperta, dai fianchi solidi, capaci di resistere all'impeto delle acque. Deucalione obbedì, si mise senz'altro all'opera e lavorò assiduamente per mesi e mesi costruendo una robusta imbarcazione. Quando si aprirono le cateratte del cielo e i torrenti cominciarono a rovesciarsi sulla terra dai folti ammassi di nubi accumulati da Zeus, il figlio di Promèteo entrò con la moglie nella sua nave che galleggiò sicura sulle onde. Dopo nove giorni, la grande arca di Deucalione toccò terra sul monte Parnaso, la cui vetta emergeva dalla sterminata inondazione. I due mortali scesero e si guardarono attorno: erano salvi ma erano soli; tutte le terre, via via che le acque si ritiravano, mostravano un desolato squallore: la famiglia degli uomini era scomparsa e solo biancheggiavano qua e là rovine di templi e di abitazioni. 

La nuova umanità. 
Allora Deucalione rivolse una fervida preghiera al sommo Zeus, il quale ne fu commosso e, per mezzo


Deucalione costruì una grande imbarcazione.

di Ermes, il suo divino messaggero dai piedi alati, gli chiese che cosa desiderasse, disposto a esaudirlo. « II diluvio ci ha risparmiati,  rispose Deucalione, « ma come posiamo vivere così soli come siamo? Pirra ed io morremo di tristezza e di disperazione. Il grande Zeus abbia pietà di noi e crei una nuova umanità che ci sia compagna nell'esistenza. » « Ebbene, » rispose Ermes che era già stato istruito da Zeus, « dissotterrate le ossa della vostra grande ava e gettatevele dietro le spalle dopo esservi velati gli occhi in segno di penitenza: sarete esauditi. » Dapprima Deucalione rimase sbigottito da questa risposta tutt'altro che chiara: non riusciva a capire chi potesse essere la grande ava di cui avrebbe dovuto dissotterrare le ossa. Ma poi intuì che quella espressione poteva riferirsi soltanto alla terra, madre comune di tutti gli uomini, e che le sue ossa erano evidentemente i sassi. Allora si velò gli occhi secondo le istruzioni ricevute e, insieme con Pirra, si diede a raccogliere tutte le pietre che trovava e a gettarsele dietro le spalle. A mano a mano che procedevano in quel lavoro, i due coniugi sentivano un brusìo confuso, sempre più sonoro, ma non osavano guardare. Infine, non trovando più sassi, si tolsero le bende: le pietre gettate da Deucalione eran divenute uomini, e donne quelle gettate da Pirra. La razza umana era ristabilita. 

Deucalione e Pirra si gettarono le pietre dietro le spalle.


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