Ed ecco apparire l'incaricato di quel compito triste e crudele.
« Principessa bisogna obbedire, » le disse prendendole la bambina. Ella la guardò un'ultima volta, la baciò con tutto il suo ardore materno
e la piccola con le sue manine le restituì la carezza. Poi si abbandonò singhiozzando al suo amaro dolore.
Vicino alla città sorgeva un monastero famoso per bellezza e antichità; una badessa piena di pietà
dirigeva quel luogo con regime severo. Laggiù, segretamente e senza dire di chi fosse figlia,
fu condotta la bimba nella notte silente, e molte gemme rare misero accanto a lei per compensare
la sua nuova famiglia. Il principe, che cercava di dimenticare nella caccia il rimorso della
sua crudeltà,. temeva di rivedere la principessa così come si teme di affrontare una tigre a cui sono stati strappati i suoi nati. Ma, quando
infine le comparve dinanzi, fu trattato da lei con quella dolcezza e perfino con quell'affetto che ella gli aveva mostrato nei giorni più felici.
Tanta bontà lo colmò di rimorso e di vergogna, ma, in egual tempo, più profondo divenne il suo umor tetro. E due giorni dopo,
ricorrendo a una nuova finzione per arrecarle un nuovo dolore, venne ad annunciarle che la loro fanciullina era morta.
Un signore della
corte la vide per caso dietro le inferriate del convento
La principessa si sentì mortalmente ferita dal nuovo colpo, ma, nonostante la sua angoscia, vedendo il volto terreo
dello sposo, ella parve dimenticare se stessa e preoccuparsi solo di consolarlo nel suo dolore. Questa insuperabile prova di affetto coniugale disarmò il principe
e lo commosse nel più intimo, tanto che per poco non rivelò la verità. Ma riprese subito il controllo di se e tacque pensando che forse era
necessario mantenere il segreto. Quel dolore riavvicinò i due sposi, i quali, nonostante la
malinconia del principe, trovarono ancora una reciproca tenerezza. Quindici anni trascorsero senza che alcuna nube apparisse tra loro, e se talora
il principe sembrava divertirsi a contrariare la sposa, lo faceva solo per impedire che il loro amore si affievolisse, così come talora il fabbro
getta un poco d'acqua sulla brace che sta per spegnersi, per fare nuovamente avvampare la fiamma. Frattanto la principessina cresceva
saggia e intelligente. All'ingenua dolcezza della madre, univa la nobile fierezza del padre illustre: insomma era ricca di tutte le doti, un vero
astro radioso nel firmamento. Un signore della corte, giovane, ben fatto e bello come la luce del
giorno, la vide per caso dietro le inferriate del convento e se ne innamorò follemente. Per quell'istinto che la natura ha dato a tutte le donne
beile, di scorgere le invisibili ferite fatte dai loro occhi nel momento stesso in cui vengono inferte, la principessina si accorse di quell'amore
e, dopo avere resistito un po', lo ricambiò teneramente. Su quel signore non c'era proprio nulla da dire: era bello, valoroso
e di casata illustre; già da tempo il principe aveva messo gli occhi su di lui per farlo suo genero. Egli fu dunque assai contento dell'affetto
che univa i due giovani. Ma, bizzarro com'era, gli venne l'idea
« Torniamo ai
nostri boschi e lasciamo senza rimpianti il lusso dei palazzi»
di far conquistare loro a forza di pene e di angustie la maggior felicità della
loro vita. « Li farò contenti, » pensò, « ma voglio che le più profonde
inquietudini rendano invincibile il loro affetto. E, in egual tempo, voglio
mettere ancora alla prova la pazienza di mia moglie, non già, come ho
fatto fin ora, per rassicurare la mia folle diffidenza, chè del suo amore
non posso più dubitare davvero, ma per far risplendere agli occhi di
tutti i miei sudditi la sua bontà, la sua dolcezza e la sua profonda
saggezza. » Dichiarò dunque pubblicamente che, poiché non aveva un erede a
cui lasciare i suoi. Stati e poiché la figlia nata dal suo matrimonio era
morta in fasce, doveva cercare in un'altra sposa miglior fortuna. Si
trattava, disse, di una fanciulla di antica e illustre discendenza, educata
fin allora in un convento; e dichiarò che ben presto l'avrebbe condotta
all'altare.
Immaginatevi la costernazione che questa notizia provocò nei due
giovani, poiché la nuova sposa avrebbe dovuto essere appunto la
principessina. Dal canto suo il principe, senza manifestare il minimo dolore, avvertì la sua fedele sposa di doversi separare da lei per evitare mali
estremi, perché il popolo, sdegnato delle sue umili origini, lo costringeva a un'unione più degna.
« Bisogna, » disse, « che ve ne torniate alla vostra capanna di stoppie e di fascine;
rimettetevi addosso le vesti contadine: ecco qua, ve le ho bell'e preparate! » La principessa lo ascoltò con tranquilla e silenziosa costanza; nascose
il suo dolore sotto un'apparenza serena, e grosse lacrime caddero dai fulgidi occhi senza che l'affanno potesse offuscare la sua bellezza, così
come quando, a primavera, splende il sole e, in egual tempo, cade un piovasco. « Signor mio, voi siete il mio sposo e il mio padrone, » rispose
sospirando e stando quasi per venir meno, « e, per quanto mi angosci quello che ascolto, vedrete voi stesso che nulla mi è più caro
dell'obbedirvi. » Si ritirò subito nella sua camera e là, deposti i ricchi abiti,
indossò, senza dir nulla, quelli che portava quando guidava il gregge. Così umilmente vestita, tornò dal principe e gli disse:
« Non posso allontanarmi da voi senza chiedervi perdono per non esservi stata gradita. Posso sopportare il peso della miseria, ma non quello
del vostro corruccio: accordate dunque questa grazia al mio sincero rammarico, ed io vivrò contenta nella mia triste casetta senza che il
tempo possa mutare il mio umile rispetto ne il mio fedele amore. »
Tanta sottomissione e tanta magnanimità, sotto un così modesto
abbigliamento, per poco non indussero il principe a revocare l'ordine di
esilio, tanto più che quelle vesti gli ricordavano intensamente la dolce pastorella di un tempo.
Commosso e con le lacrime agli occhi, egli fece un passo per abbracciarla, ma subito la sua fierezza riprese il
sopravvento obbligandolo a rispondere duramente: « Non ricordo più nulla; comunque son contento
del vostro pentimento. Non ho altro da dire: andate pure, è tempo di partire. »
La principessa obbedì e, volgendosi al padre suo che, al pari di lei, aveva ripreso il suo rustico abito e, pieno di dolore, piangeva un così
repentino e inatteso mutamento, gli disse: « Torniamo ai nostri boschi e lasciamo senza rimpianti il lusso
dei palazzi. Le nostre capanne non hanno tanta magnificenza, ma vi si può
trovare un riposo più sicuro, una pace più dolce e una maggiore innocenza. »
Appena tornata nella sua dimora solitaria, ella, riprese il fuso e la conocchia
e andò a filare sul bordo dello stesso ruscello su cui il principe l'aveva
incontrata. E là il suo cuore sereno e senza rancori chiese mille volte al
Cielo di colmare il suo sposo di gloria e di ricchezze e di appagare
benevolmente tutti i suoi desideri. Lo sposo da lei così rimpianto volle
metterla ancora una volta alla prova e le mandò a dire di venir da lui perché
doveva parlarle. « Griselda, » le disse quando l'ebbe dinanzi, « voglio che
la principessa che devo sposare domani sia contenta di voi e di me. Aiutatemi dùnque
a rendermi grato alla donna che amo. Voi sapete come voglio essere servito: non
fate risparmi ne riserve e procurate che dappertutto si senta la presenza di un
principe e di un principe innamorato. Impiegate tutta la vostra accortezza
nell'addobbare il suo appartamento in modo che appaiano egualmente l'abbondanza, la
ricchezza, l'armonia e il buon gusto; insomma, pensate che si tratta di una giovane principessa che io amo
teneramente. Anzi, per darvi un'idea ancora più precisa del vostro compito, voglio mostrarvi colei che
dovete servire. » Quale si mostra la nascente aurora alle porte dell'Oriente, tale
apparve, e più bella ancora, la principessina quando arrivò. Subito Griselda sentì nel cuore un dolce
impulso di tenerezza materna; le tornò il ricordo del tempo trascorso e dei giorni felici, e pensò: «
Ahimè, mia figlia, se il Cielo avesse accolto i miei voti, avrebbe quasi la stessa età e, forse, la stessa
bellezza. » E fu presa da un affetto così vivo e così profondo per la giovane
principessa,
Griselda riprese
il fuso e la conocchia.
che, non appena ella si fu allontanata, così parlò al principe, seguendo senza saperlo il suo
istinto: « Permettetemi, signore, di farvi notare che questa bella fanciulla che sta per divenire la vostra sposa,
educata negli agi e nel lusso, non potrà sopportare, senza morire, gli stessi
trattamenti che io ho ricevuto da voi. Il bisogno, la mia umile origine, mi avevano rafforzato alle
fatiche, ed io ho potuto sopportare tanti mali senza pena e senza
lamentarmi: ma lei, che non ha mai conosciuto il dolore, morrà
certamente al minimo sgarbo, alla minima parola dura. Oh, signore, vi
scongiuro, trattatela con dolcezza. » «Pensate a servirmi come meglio potete,» rispose severamente il
principe. « Non è conveniente che una semplice pastora mi dia lezioni
o voglia ricordarmi i miei doveri. » A queste parole Griselda abbassò gli occhi e si ritirò.
Frattanto arrivarono da ogni parte i signori invitati alle nozze. Il
principe li radunò in una magnifica sala e tenne loro questo discorso:
« Nulla al mondo, dopo la speranza, è più ingannevole dell'apparenza;
e ne abbiamo qui una prova lampante. Chi non crederebbe che la mia
fidanzata, la quale sta per diventare principessa, non sia piena di gioia in questo dì?
Eppur non è così. « E chi potrebbe fare a meno di credere che questo giovane guerriero
avido di gloria, non sia contento di questo matrimonio, lui che, nel
torneo che seguirà, avrà vittoria certa su qualunque rivale?
Eppur la cosa non è affatto tale. « Chi anche non crederebbe che Griselda, nella sua giusta collera,
non pianga e si disperi? E tuttavia non piange, è mite e sottomessa:
insomma, sembra la pazienza stessa. « E infine chi non crederebbe, nel vedere la bellezza della fanciulla
da me amata, che nulla possa eguagliare la fortunata corsa del mio
destino? Ma, se da queste nozze mi sentissi legato, non potrei
immaginare dolore più profondo
« Sappiate dunque
che questa bella fanciulla è mia figlia »
ed io, fra tutti i principi del mondo, sarei il più disgraziato.
« Vi sembra questo un enigma difficile a spiegarsi? Due sole parole
ve lo faranno capire, e queste due parole dissiperanno in egual tempo
tutte le angustie di cui vi ho parlato. « Sappiate dunque che la bella fanciulla,
di cui mi credete invaghito, è mia figlia e che io la dono in moglie a questo giovane signore che
l'ama e ne è amato. Sappiate ancora che, intimamente commosso dalla
pazienza e dallo zelo della saggia e fedele sposa da me indegnamente
scacciata, la riprendo con me per riparare con il più dolce e
sincero
affetto il barbaro trattamento che la mia gelosia le ha inferto. E metterò maggior cura nel prevenire tutti i suoi desideri di quanta ne abbia avuta, al tempo della mia follia, nel caricarla di affanni. »
Come quando una densa nuvola oscura la luce del giorno e il cielo buio minaccia da ogni parte uragani, se i venti lacerano questo velo,
un brillante raggio si riversa sulle campagne e tutto sorride e torna bello, così in tutti quei volti pieni di tristezza sbocciò
improvvisamente la più viva allegria. La principessina, felice di essere figlia del
principe, si getta alle sue ginocchia; suo padre la rialza, la bacia e la conduce alla madre che, per la troppa gioia, era quasi fuor di
sentimento e, appena potè serrarla nelle braccia, scoppiò in singhiozzi. « Bene, » disse il principe, « avrete tempo per soddisfare la vostra
tenerezza; adesso riprendete gli abiti che si convengono alla vostra condizione e celebriamo le nozze. »
Sono condotti al tempio i nostri innamorati e, in quella santa sede, dinanzi a tutti i sudditi adunati
si scambiano la fede. Tutto è gioia e allegria: tornei imponenti, danze, giuochi, festini,
insomma, il più bel dì che si rammenti. ancora in quei confini. Tutti guardan Griselda e fanno lodi
della sua gran pazienza provata in mille modi, del suo cuor generoso: ed arrivano a tanta compiacenza
per quel principe strambo e capriccioso, che lodano perfino i suoi maltrattamenti,
ai quali esser dobbiam riconoscenti se un animo sì bello di virtù femminili si rivelò modello.