Appiè delle montagne famose dove il Po scaturisce dalle sue sorgenti ricche di giuncheti, riversando poi nel seno delle campagne vicine le sue acque, viveva un principe giovane e valoroso, amato da tutti. Il Cielo aveva profuso su di lui ogni più rara virtù: tutti quei doni che di solito concede solo a chi gli è caro o ai grandi re. Così dotato nel corpo e nello spirito, egli crebbe robusto, accorto, agile nel maneggiar le armi e appassionato per le arti belle. Amò i combattenti e la vittoria, le grandi imprese, gli atti valorosi, insomma, tutto quel che nella storia rende famosi; ma il suo nobile cuor, ricco di affetti, mirò ancor più alla gloria di rendere telici i suoi soggetti. Però un così bel carattere era adombrato da una cupa malinconia che spingeva quel buon principe a vedere in ogni donna la falsità e l'inganno. Per quanto una fanciulla tosse adorna dei più alti meriti, gli appariva immancabilmente ipocrita, piena di orgoglio e di ambizione, un vero nemico àvido soltanto di dominare senza ritegno il disgraziato uomo che si fosse invaghito di lei. Il vedere intorno a se tanti sposi infelici e sottomessi alle loro mogli, aveva rafforzato in lui l'avversione per le donne; ed egli si ripromise con gran giuramenti di non prender moglie quand'anche il Cielo, 

Un oratore di grande loquela disse tutto quel che si poteva dire.


che lo prediligeva tanto, avesse creato apposta per lui un'altra Lucrezia romana. Ogni giorno, dopo aver dedicato il mattino agli affari e aver saggiamente diretto tutto quello che era necessario alla felicità dello Stato, dopo avere difeso i diritti dell'orfano e della vedova o abolito qualche imposta non strettamente necessaria, destinava alla caccia il resto del suo tempo, perche gli orsi, i cinghiali e le altre fiere, anche pieni di furia e d'ira pazza, gli davano assai meno da temere di una bella ragazza. Frattanto i suoi sudditi, desiderosi che egli avesse un successore ca- pace di governarli un giorno con eguale dolcezza, lo pregavano continuamente di prender moglie e un bel giorno si recarono tutti in processione al palazzo per far l'ultimo sforzo. Un oratore di grande loquela e austera apparenza, il migliore che ci fosse allora nel regno, disse tutto quello che si poteva dire in una simile occasione, insistè sul vivo desiderio della popolazione di veder sorgere dal principe una stirpe felice che rendesse florido lo  Stato, e, per finire, aggiunse che vedeva nascere da quelle nozze un astro così fulgido da far impallidire ogni altro. Con maggior semplicità e con voce assai meno tonante, il principe rispose: « Lo zelo ardente con il quale oggi cercate di indurmi al matrimonio mi è grato e testimonia il vostro amore per me; ne sono commosso e vorrei farvi contenti domani stesso. Ma a parer mio il prender moglie è una faccenda in cui la prudenza non è mai troppa. Le fanciulle, finche rimangono nella loro famiglia, son tutte virtù e bontà, tutte sincerità e pudore; ma, appena sposate, gettano la maschera, dimenticano la saggezza e badano soltanto a fare quel che loro piace. « L'una, di umor pestifero, brontolona, intrattabile, diventa una bigotta insopportabile; l'altra sentenzia, chiacchiera, fa moine, sgambetta, insomma è una terribile civetta; la terza si appassiona follemente per le arti belle, 

Il principe prese un sentiero traverso, sul quale nessuno lo seguì.

critica spietata ogni artista di fama rinomata e non si accorge d'essere soltanto una saccente; la quarta infine bada solo al giuoco, sperpera patrimoni in quello spasso, i gioielli, il mobilio e, a poco a poco, manda tutto a patrasso. «I loro modi di procedere sono vari e diversi,  ma tutte sono d'accordo in una cosa: nel volere dettar legge. Ed io sono convinto che nel matrimonio è impossibile essere felici se si vuole essere in due a comandare. « Se dunque desiderate che io m'impegni a prender moglie, cercatemi una fanciulla senza orgoglio e senza vanità, obbediente, paziente, remissiva, e quando l'avrete trovata la sposerò. » Dopo aver pronunziato quel


bel discorso morale, il principe montò bruscamente a cavallo e corse a briglia sciolta verso la sua muta di cani che lo attendeva in mezzo alla pianura, senza più darsi pensiero dell'oratore. Galoppò per prati e per campi e raggiunse i suoi cacciatori sdraiati sull'erba verde; tutti si levarono in piedi alla sua vista e col suono dei  corni fecero tremare di paura gli abitatori della foresta. I cani corrono abbaiando qua e là tra i giuncheti, stanano le fiere, tornano con occhi ardenti ai loro custodi e li guidano verso di esse. Il principe, poiché tutto era pronto, diede l'ordine di cominciare la caccia e di lanciare i cani sulle tracce del cervo. Risuonano i corni, nitriscono i cavalli, i latrati dei cani riempiono la foresta moltiplicati dall'eco, e tutti s'internano nel profondo del bosco. Per caso o per destino, il principe prese un sentiero traverso, sul quale nessuno lo seguì; più avanza e più si allontana dai suoi, e infine si trova così lungi dalla caccia da non udire più il suono dei corni ne l'abbaiare dei cani. Il luogo a cui lo condusse la sua bizzarra avventura, illuminato dal riflesso dei ruscelli e cupo di folta verdura, colmava lo spirito di un segreto timore; la natura semplice e schietta appariva così bella e pura che mille volte egli benedisse il momento in cui si era smarrito. Pieno dei dolci pensieri che sanno suscitare i boschi, le acque e i prati, si sentì a un tratto colpito negli occhi e nel cuore dalla più gentile e  tenera vista che sia apparsa sotto la volta del cielo: una pastorella, seduta al margine di un rivo, filava e custodiva il suo gregge facendo girare il fuso con mano esperta.  Ella avrebbe commosso il cuore di una belva: la sua fronte era candida al par del fiordaliso, la natural freschezza del suo viso era stata protetta dall'ombra della selva. A un sorriso infantile il suo labbro si apriva, e gli occhi, a cui le ciglia brune facevan velo, erano ancor più azzurri dell'azzurro del cielo e avean luce più viva. Il principe, 


scivolando tra le piante, contemplò commosso quella bellezza: ma il rumore dei suoi passi fece volgere la fanciulla e, quando ella si vide scoperta, un vivo rossore rese ancor più intenso l'incarnato delle sue gote e il pudore si soffuse sul suo volto.  Dietro l'innocenza di quel graziosissimo riserbo, il principe scorse una dolcezza, una sincerità, una schiettezza che gli apparivano in tutto il loro splendore e quali egli non avrebbe mai creduto possibili in una donna. Colto da un timore a lui sconosciuto, le si avvicinò e. più timido di lei, le disse con voce tremante di essersi smarrito, chiedendole se non avesse veduto passare dei cacciatori. « Signor mio. » ella rispose, « nessuno è passato per questa solitudine se non voi; ma non sgomentatevi, saprò rimettervi sul giusto cammino. »  « Non so come ringraziare la Provvidenza di questa avventura, » disse il principe. « Da mollo tempo frequento questi luoghi ma, fino ad oggi, non avevo visto quello che essi avevano di più prezioso. » Frattanto la pastorella si accorse che il principe si curvava sulla sponda del rivo per placare la sete della corsa. « Signore, attendete un momento, » disse: e. correndo agilmente verso la sua capanna, ne prese una tazza e la porse a lui tutta sorridente.  Un prezioso vaso di agata o di cristallo, venato d'oro e lavorato dal più abile artefice, non sarebbe parso più bello, al principe, del piccolo vaso di coccio offertogli dalla pastorella. Insieme attraversarono boschi. dirupi e torrenti per trovare la via che avrebbe condotto il principe alla città. Questi, da parte sua, guardava attentamente i luoghi sconosciuti per cui passava, fissandoseli nella memoria così che, reso ingegnoso dall'amore, ne tracciò idealmente una vera carta topografica. Infine un fresco bosco die' ristoro ai due viandanti con la sua frescura, e là, tra i fitti rami lavorati a traforo, egli vide levarsi in mezzo alla pianura il suo palazzo con i tetti d'oro. Prese commiato dalla fanciulla allontanandosi da lei con il cuore afflitto da un vivo dolore, e tuttavia rallegrato dal ricordo della dolce avventura. Ma il giorno dopo sentì intimamente la sua ferita e fu pieno di tristezza e di noia. Appena gli fu possibile, tornò a caccia e, molto accortamente, si liberò del suo seguito fingendo di smarrirsi ancora nella selva. Gli alberi e le cime dei monti, che aveva osservato con tanta attenzione, e l'intuito del suo cuore innamorato lo guidarono così bene che, nonostante i mille sentieri diversi, ritrovò la dimora della pastorella. Seppe così che si

Una pastorella filava.


chiamava Griselda, che le rimaneva solo il padre, che entrambi vivevano serenamente del latte del loro gregge e che, senza ricorrere ai negozianti della città, si vestivano con la lana delle loro pecore, da lei filata e tessuta. Sempre più il principe si sentiva attratto verso la fanciulla, convinto che la leggiadria del suo volto rifletteva quella della sua anima. Fu felice che il suo primo palpito di amore avesse un così nobile oggetto e, senza perder tempo, il giorno stesso radunò il suo consiglio e così parlò: « Signori miei, io sto infine per sottomettermi alle leggi del matrimonio come voi desiderate. Non prendo moglie in paese straniero ma tra voi, bella, saggia, di buona nascita, come più di una volta hanno fatto i miei avi. Quando sarà il momento vi avvertirò. » La notizia si divulgò dappertutto ed è difficile dire con quanto ardore si manifestò l'allegrezza pubblica. Più contento di tutti fu però l'oratore che, con il suo discorso roboante e patetico, pensò d'esser davvero il solo autore di quella gioia annunciata con impeto profetico. E si die' a proclamar con insistenza: « Nulla può opporsi, o genti, alla grande eloquenza. » Ma il più bello fu il vedere l'inutile fatica delle ragazze per meritar la scelta del principe loro signore, il quale, come aveva sempre detto e ripetuto, si sarebbe lasciato sedurre solo da un comportamento semplice e modesto. Tutte quante avevano mutato l'abito e il modo di fare: tossicchiavano devotamente, facevan la voce dolce, stavano a occhi bassi, avevano abbassato di una buona spanna le loro pettinature, e si eran cuciti abiti accollati e con le maniche così lunghe da lasciar spuntare appena la punta delle dita. La città era in gran preparativi per il giorno delle nozze: chi costruiva carri allegorici così belli e bene inventati che la cosa meno fastosa era l'oro scintillante a profusione; 


HOME

(1)  (2)  (3)

CONTINUA >>>