I due muli
Un mulo che portava sulla schiena dei sacchi d'or per conto dello Stato, tutto superbo camminava a lato d'un altro mulo carico d'avena. Agitando la criniera colla bella sonagliera, del nemico ei fu cagione che attirasse sull'oro l'attenzione. Tratta dal buon bottino, ecco la banda piombar sul regio mulo, e una tempesta di colpi piove a lui sopra la testa, che invan sospiri e ragli al cielo manda. « Poveretto, » esclama, « a morte mi conduce l'alta sorte! Te felice che d'avena e non di oro hai carica la schiena! » « Buon, amico, è questo il guaio degli impieghi illustri ed alti, » gli rispose il camerata. « Meglio il mulo di un mugnaio che il dover far certi salti. » 


I ladri e l'asino
Due ladri avean rubato un somarello e se lo disputavano a legnate: quand'ecco, sul più bello, un terzo sopravviene che piglia Orecchialunga e se lo tiene. Dei piccoli paesi ecco il destino, che sono alla balìa dei soprusi di questo o quel vicino. Mentre il Turco, il Rumeno o il Transilvano, accorrono alle prese, un altro arriva, per esempio Inglese, che piglia per sè l'asino, e pianta gli altri lì con niente in mano. 


Il cigno e il cuoco
Nel cortil di una grande fattoria il bianco cigno e il papero vivean con l'altre bestie in compagnia: l'uno al piacer dell'occhio e a fregio dei giardini destinato, e l'altro — dico l'oca — allo stufato. Dentro i fossati del castel vedevansi andar come sul Corso, tuffandosi, guazzando a fianco a fianco, l'uno non men dell'altro agile e bianco. Un giorno il cuoco, avendo alzato il gomito un poco più del solito, a mezzo della gola prese il cigno scambiandolo col papero per metterlo a pezzetti in casseruola. L'uccei, presso a morir, mosse la voce e pianse in suo dolcissimo lamento. Sorpreso, il cuoco: «Oh, ciel, » grida, «che sento? Questo non è un uccello che si cuoce. Non sia giammai ch'io tolga la parola a chi parla in un modo che consola. » Chi sa bene parlar, se casca male, trova rimedio, e questa è la morale. 


La volpe senza coda
Una volpe, più furba assai del diavolo, che sentiva di volpe lungi un miglio, famosa mangiatrice di galline e terror d'ogni coniglio, un giorno restò presa nella trappola. Potè fuggir, ma, nel fuggir, la coda restò tra i ferri in pegno. Piena di rabbia, quindi, e di disdegno, non volendo esser sola in quella moda, un dì nell'assemblea delle volpi esponeva questa idea: « Che mai si fa di questa roba inutile che spazza solo il fango della via? Non sarebbe più bello e assai più comodo addirittura di tagliarla via? » « Magnifica proposta, » soggiunse qualcheduna ivi presente, « voltatevi di là, madama, e subito avrete la risposta. » A questo dir scoppiò di risa un tale fracasso generale, che seguitò la coda a rimaner di moda. 


I due medici
Dottor Nero e dottor Rosa d'un malato accanto al letto fra di loro disputavano: « Malattia pericolosa, » l'un diceva, « ahimè, il malato per mio conto è già spacciato. » « Al contrario, dottor Nero, » dicea l'altro, « vi prometto di tirarlo fuor dal letto. » Tra i due medici in contrasto nei giudizi e nella cura, il malato, poveretto, pagò il debito a natura. « Non l'ho detto? Non l'ho detto? » esclamava dottor Nero. « II malato il mio pronostico ha creduto veritiero. » « Grazie tante, » ribattè dottor Rosa, « ma il malato, se creduto avesse a me, non sarebbe mai crepato. » 


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